Matriarcato
I matriarcati non sono l’immagine speculare dei patriarcati come vuole il pregiudizio comune, nel senso che in essi sono le donne a dominare sugli uomini. I matriarcati sono invece delle società che mettono al centro le madri, e che si basano sui valori materni: la cura, il nutrimento, il supporto reciproco, l’attitudine a creare pace cioè l’atteggiamento materno in senso generale. Questi valori valgono per tutti, per le madri e le non-madri, per le donne e ugualmente per gli uomini.
I matriarcati si basano consapevolmente sui valori materni e sul lavoro materno. Siccome questi valori sono alla base di ogni società, i matriarcati sono più realistici delle società patriarcali. Sono orientati fondamentalmente verso i bisogni. Le loro regole mirano alla soddisfazione delle necessità di tutte le persone. In questa maniera il “mothering” (l’essere madre e l’atteggiamento materno) viene trasformato da un fatto biologico in un modello culturale. Questo modello rispecchia molto meglio la condizione umana rispetto al modello di maternità inteso e abusato dai patriarcati.
La struttura profonda della società matriarcale (definizione strutturale)
Nelle società matriarcali “eguaglianza” non significa la livellazione delle differenze. Le differenze naturali che esistono tra i generi e tra le generazioni vengono rispettate e onorate, ma non vengono mai utilizzate per creare delle gerarchie come si usa fare nei patriarcati. I generi e le generazioni differenti hanno una loro propria dignità. Attraverso sfere di lavoro e d’azione complementari si creano riferimenti reciproci tra i generi e le generazioni che garantiscono un’azione in comune. Perciò le società matriarcali, nonostante tutte le differenze, si possono definire più precisamente come delle società d’uguaglianza complementare o di “equivalenza” in cui viene prestata molta attenzione alla conservazione dell’equilibrio sociale.
Questo si può osservare a tutti i livelli della società:
- a livello economico,
- a livello sociale,
- a livello politico,
- a livello culturale.
A livello economico, i matriarcati sono spesso ma non sempre società agricole. Esistono anche delle società matriarcali basate sull’allevamento di bestiame e società matriarcali urbane. Le tecnologie agricole che svilupparono andavano dalla semplice orticoltura all’agricoltura con l’aratro fino ai complessi sistemi d’irrigazione delle prime culture urbane di tutto il mondo.
Si pratica l’economia di sussistenza con indipendenza locale o regionale. Il terreno e le case sono di proprietà del clan nel senso del diritto d’uso; proprietà privata e pretese territoriali sono sconosciute. Le donne dispongono pienamente dei beni essenziali, campi, case e cibo, mentre la matriarca funge da amministratrice del tesoro del clan.
I beni circolano secondo un sistema che corrisponde alle linee di discendenza e ai modelli di matrimonio. Questo sistema circolatorio impedisce che i beni siano accumulati da un clan specifico o da una specifica persona. L’ideale è la distribuzione e non l’accumulazione. Ogni vantaggio o svantaggio che riguarda l’acquisizione di beni, è mediato da regole sociali. Per esempio nelle frequenti feste dei villaggi o dei quartieri, i clan più abbienti sono obbligati ad invitare tutti gli abitanti per diminuire in questa maniera drasticamente la loro ricchezza. In compenso guadagnano “onore”, cioè prestigio sociale. In questo senso l’economia del clan e del villaggio si basa sulla circolazione di doni.
A livello economico i matriarcati si contraddistinguono per la loro perfetta reciprocità e per questo li definisco come società di reciprocità basate sull’economia del dono.
A livello sociale, le società matriarcali sono basate sull’unione di clan estesi. La gente vive insieme in grandi clan che sono formati secondo principi di matrilinearità. Il nome del clan e tutti i titoli delle posizioni sociali e politiche derivano dalla linea materna. Tale matriclan consiste come minimo di tre generazioni di donne: la madre del clan e le sue sorelle, le loro figlie e le loro nipoti e gli uomini in linea diretta di parentela con loro: i fratelli della madre del clan, i figli e i nipoti della madre del clan e delle sue sorelle.
Il matriclan vive nella grande casa del clan, che alloggia dalle 10 alle 1000 persone, secondo la grandezza e lo stile architettonico. Le donne ci vivono permanentemente, perché le figlie e le nipoti, quando si sposano, non lasciano mai la casa del clan materno. Viene detta matrilocalità.
Anche i giovani maschi del clan, quando si sposano o mantengono una relazione amorosa non lasciano la casa della madre. Si recano semplicemente nella casa vicina dove vivono le mogli o le loro amate e ritornano la mattina nella casa della madre. Questa forma molto aperta di matrimonio viene detta visiting marriage.
I bambini sono in relazione di parentela solo con la madre e il suo clan di cui portano anche il nome. Un uomo matriarcale non considera “suoi” i bambini della moglie o dell’amante dato che non condividono lo stesso nome del clan. Tuttavia, un uomo matriarcale è in stretta relazione di parentela e di responsabilità con i bambini di sua sorella: le sue e i suoi nipoti con i quali condivide il nome del clan. La paternità biologica non è conosciuta o non ha nessuna importanza. Non è un valore sociale. Gli uomini nel matriarcato si prendono cura dei nipoti, maschi e femmine, in una sorta di paternità sociale.
I clan matriarcali si relazionano tra loro attraverso complessi modelli di matrimonio che creano una rete di linee di parentela che lega tutti gli elementi del villaggio in maniera più o meno stretta. Questa parentela rappresenta un sistema di mutuo sostegno che fa riferimento a delle regole fisse. Inoltre, donne e uomini possono scegliere liberamente le loro relazioni amorose; dal punto di vista sessuale uomini e donne vivono una grande libertà.
Il risultato è una società non gerarchica ma egualitaria che si intende come un grande clan con mutui obblighi di sostegno. Per questo chiamo i matriarcati a livello sociale società di discendenza in linea femminile.
A livello politico, persino il processo che porta alle decisioni politiche è organizzato secondo le linee di discendenza matriarcale. Le decisioni vengono prese esclusivamente secondo il principio del consenso vale a dire l’unanimità.
Gli uomini e le donne si radunano in assemblea nella casa del clan, dove vengono discussi gli affari domestici. Non è escluso nessun membro della casa, i bambini ottengono all’età di 13 anni il pieno diritto di voto. Lo stesso succede per il villaggio: se si devono discutere questioni che riguardano l’intero villaggio, i delegati di ogni casa del clan si radunano nell’assemblea del villaggio. Questi delegati che discutono le questioni non saranno poi coloro che prenderanno le decisioni ma la loro funzione è unicamente quella di portare dei pareri; si scambiano le informazioni sulle decisioni prese nelle singole case dei clan. I delegati sostengono il sistema di comunicazione del villaggio e se nell’assemblea si vede che non c’è accordo, tornano a discutere ancora le questioni nelle rispettive case dei clan per poi tornare nel consiglio del villaggio. In questo modo, il consenso nel villaggio si raggiunge passo dopo passo.
La gente che vive in una data regione prende le decisioni nello stesso modo: le decisioni dei villaggi e delle città vengono coordinate dai delegati eletti che si scambiano le informazioni nell’assemblea regionale. Anche in questo caso i delegati fanno avanti e indietro tra l’assemblea regionale e quella del villaggio finché la regione non trovi una decisione basata sul consenso di tutte le case dei clan di tutti i villaggi.
È impossibile che in una tale società si creino gerarchie o classi o anche solo dei dislivelli di potere tra i generi e le generazioni. Le minorità non vengono marginalizzate da decisioni basate sulla maggioranza perché le decisioni politiche vengono prese attraverso “una democrazia dal basso”.
A livello politico chiamo per questo i matriarcati società egualitarie basate sul consenso.
A livello culturale, queste società non sono caratterizzate da “religione primitiva”, “animismo” o “riti di fertilità”. Questi termini non solo sono dispregiativi ma anche errati perché nascondono che i sistemi religiosi e la visione del mondo di queste culture sono complessi.
La concezione fondamentale, che le popolazioni matriarcali hanno del cosmo e della vita, si basa sulla fede nella rinascita. Come nel cosmo e sulla terra vedono il ritorno di tutto così intendono anche l’esistenza umana nei cicli della vita, della morte e della rinascita. È l’idea della rinascita in senso molto concreto: tutti i membri di un clan rinasceranno, da una donna del loro clan nella casa del loro clan. In questo senso i bambini sono considerati le antenate e gli antenati del clan e per questo sono sacri. Le donne sono molto rispettate, non solo come creatrici della vita e come nutrici ma in particolar modo come coloro che garantiscono la rinascita e hanno quindi il potere di trasformare la morte in vita.
Le popolazioni matriarcali hanno adottato questo concetto dal mondo naturale in cui vivono perché la terra è la Grande Madre che garantisce rinascita e nutrimento a tutti gli esseri. Essa è una dea primordiale, l’altra è la dea cosmica come creatrice dell’universo. Perché anche nel cielo si vede lo stesso ciclo di andata e ritorno: tutti i corpi celesti sorgono e tramontano ciclicamente e dopo ogni tramonto sorgono nuovamente. Il cielo e la terra rappresentano insieme “il mondo” nel quale gli essere umani hanno la loro collocazione. Il mondo è divino femminile. La concezione matriarcale del divino è quindi immanente e non trascendente. Tutto è divino, la creatura più piccola e la stella più grande, ogni donna e ogni uomo. L’intera visione del mondo dei popoli matriarcali è strutturata in modo non dualistico. Il loro concetto di mondo manca del dualismo patriarcale che separa “uomo” e “natura”, “spirito” e “natura” o “società” e “natura” e che ha portato alla svalutazione e allo sfruttamento della natura come mera “risorsa”.
Nelle loro feste che seguono il ciclo delle stagioni e altri ritmi della natura, celebrano il mondo divino in tutte le sue forme dal più grande al più piccolo. Ma anche nella quotidianità ogni gesto pratico come la semina, la raccolta, la preparazione del cibo o la tessitura è un rito pieno di significato. Siccome tutto nel mondo è divino, le culture matriarcali non conoscono la distinzione tra sacro e profano.
A livello culturale chiamo i matriarcati società sacrali o culture della Dea.
Letture d’approfondimento:
Sulle concrete società matriarcali del presente
Heide Göttner-Abendroth:
Das Matriarchat II,1: Stammesgesellschaften in Ostasien, Indonesien, Ozeanien
Das Matriarchat II,2: Stammesgesellschaften in Amerika, Indien, Afrika
Kohlhammer, Stuttgart 1991/1999 e 2000
Letture d’approfondimento
Sulle concrete società matriarcali del presente
Heide Göttner-Abendroth
Das Matriarchat II,1: Stammesgesellschaften in Ostasien, Indonesien, Ozeanien
Das Matriarchat II,2: Stammesgesellschaften in Amerika, Indien, Afrika
Kohlhammer, Stuttgart 1991/1999 e 2000